IL TRIBUNALE
   Ha  pronunciato  la   seguente   ordinanza   sulla   questione   di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  100, comma secondo d.P.R. n.
 570/60 sollevata dal pubblico ministero  in  riferimento  all'estrema
 brevita'  del  termine  di  prescrizione previsto per il reato di cui
 all'art. 90, comma secondo, d.P.R. citato, che  e'  stato  contestato
 agli  imputati Maiorano Virgilio, Degani Roberta e Marciano Francesco
 nel procedimento n. 73/1998 r.g.  trib. per violazione  dei  principi
 di  ragionevolezza,  di  obbligatorieta'  dell'esercizio  dell'azione
 penale di cui all'art. 112 della Costituzione  e  di  buon  andamento
 della pubblica amministrazione di cui all'art.  97 Cost.;
   Sentiti i difensori degli imputati;
                             O s s e r v a
   Permesso che il reato di cui all'art. 90, comma secondo, d.P.R.  16
 maggio  1960,  n.  570,  contestato ai suddetti imputati, pur essendo
 punito con la reclusione da due a cinque  anni  e  con  la  multa  e'
 soggetto  ad  un  termine prescrizionale di soli due anni, secondo il
 disposto dell'art. 100, comma secondo, d.P.R. citato;
   Rilevato che l'estrema brevita' di tale termine, ove  si  consideri
 il  diverso  e  molto piu' lungo termine ordinario decennale previsto
 dall'art. 157, n. 3  c.p.,  con  riferimento  a  delitti  puniti  con
 identica  pena  edittale  massima  appare  del  tutto  irragionevole,
 vieppiu' osservando come identico termine prescrizionale sia previsto
 dall'art. 157, n. 6 c.p. per fatti di ben minore gravita',  quali  le
 contravvenzioni  punite  con  la  sola  pena  pecuniaria; considerato
 ancora che  1'art.    479  c.p.  che  punisce  condotte  analoghe  e'
 sottoposto  al  termine prescrizionale decennale di cui all'art. 157,
 n. 3 c.p.;
   Atteso che la pena edittale minima prevista per  il  reato  di  cui
 all'art.  90 d.P.R. citato - doppia rispetto a quella minima prevista
 per il reato di falsita' ideologica in atti pubblici - e' indice  del
 marcato  disvalore  sociale che il legislatore ha voluto attribuire a
 tale condotta, trattandosi di norme poste a  tutela  del  corretto  e
 regolare  svolgimento del procedimento elettorale e, conseguentemente
 del funzionamento delle  istituzioni  democratiche,  cio'  che  rende
 tanto  piu'  incomprensibile che per siffatte violazioni sia previsto
 lo stesso termine prescrizionale  stabilito  per  le  contravvenzioni
 punite  con  la  sola  pena dell'ammenda e dunque per fatti di minima
 rilevanza sociale;
   Ritenuto che tale previsione si  palesi  dunque  in  contrasto  con
 l'art.  3  della  Costituzione  in  quanto  situazioni  analoghe sono
 irragionevolmente sottoposte ad  un  diverso  trattamento  normativo,
 nonche'  con l'art.   112 Cost. perche', per la complessita' e durata
 degli accertamenti da svolgersi sulla regolarita' di rilevante numero
 di sottoscrizioni per  liste  elettorali,  l'assoluta  esiguita'  del
 termine  prescrizionale  vanificherebbe  in  concreto  l'effettivita'
 dell'obbligatorio esercizio dell'azione penale, nonche' con l'art. 97
 della Costituzione in quanto si determinerebbe un  inutile  dispendio
 di attivita' processuali, destinate ad essere frustrate per il rapido
 maturare del termine prescrizionale;
   Osservato  che,  per  quanto  prospettato  dal  pubblico  ministero
 mediante la produzione del verbale dell'ufficio centrale per il turno
 di ballottaggio per le elezioni comunali di data 9  maggio  1995,  il
 reato  in  esame risulta prescritto, ove applicata la norma della cui
 legittimita' costituzionale si dubita, in data 9 maggio 1998;
     che il giudizio non puo' quindi essere definito indipendentemente
 dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale;
     che, ovviamente, il giudizio di rilevanza della questione non  e'
 inficiato  dall'intervenuto decorso del termine prescrizionale, posto
 che oggetto della questione di legittimita' costituzionale e' proprio
 la norma che stabilisce la durata del detto termine onde non puo'  in
 ogni  caso sostenersi l'attuale esaurimento dei rapporti giuridici in
 esame,   ne',   conseguentemente,   accogliersi   la   richiesta   di
 declaratoria ex art. 129 c.p.p.;
     che,  infine, il rilievo sulla natura piu' favorevole della norma
 impugnata rispetto a quella eventualmente conseguente al giudizio  di
 legittimita'  costituzionale  non  preclude,  sotto  il profilo della
 rilevanza e ammissibilita', la proposizione della  questione  de  qua
 (sentenza Corte costituzionale n. 148 del 1983);